Scritto da Don Flavio Ferraro Domenica 4 Maggio 2014
Il brano dei discepoli di Emmaus è un passo strutturato in un modo a noi molto familiare: quello della santa messa. Possiamo,infatti, identificare in questi versetti i due parametri fondamentali su cui si fonda la nostra conversione: Liturgia della Parola e Liturgia Eucaristica che sono anche i momenti fondamentali della celebrazione dell’Eucaristia, per l’appunto. Spieghiamocela questa storia! I due discepoli si trovano in cammino per allontanarsi da Gerusalemme: quel luogo che simboleggia la grande “promessa di salvezza” ricevuta quando hanno deciso di seguire il loro Maestro, ma il fatto che loro si stiano allontanando da esso indica la fortissima delusione esplosa dopo la fine inaspettata della storia: Gesù è morto e nel peggiore dei modi. Eh già! Perché noi nelle nostre vite ci facciamo sempre i “film” di come devono andare le cose e siamo profondamente invasi da tristezza devastante quando le cose non corrispondono alle nostre attese e lì, allora, si salvi chi può! Il senso di incompiutezza regna sovrano, come l’insoddisfazione, come le speranze spezzate: proprio come i discepoli, si molla tutto e ci si chiude perché delusi, e questo è per sempre! La tristezza umana è una condizione che attanaglia al punto tale da rendere ciechi ad altre interpretazioni: ”ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Però c’è qualcuno che questa storia non la conosce così come ce la raccontiamo; è uno straniero, letteralmente estraneo ai fatti così come il mondo li racconta. Chiede allora spiegazione ai discepoli, vuole conoscere la visione di una realtà che Lui conosce in un altro modo e nell’udirla non compatisce anzi! Dice loro: “Stolti e lenti di cuore”, e questo monito dobbiamo prendercelo anche noi ogni volta che crediamo di sapere tutto, che ci ergiamo a dio di noi stessi. Non si arriva alla vita nuova se non si mette in discussione la propria storia. L’interpretazione, quella vera, dei fatti, la si trova proprio dove Dio la racconta, ovvero nelle Scritture: ecco allora come Gesù rispiega i fatti seconda il disegno di Dio e quello che sembra essere un fine in realtà è solo l’inizio di un Progetto ben più alto, più perfetto e più grande:”Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Qui non si tratta di aver vissuto una vicenda sbagliata: i discespoli hanno assistiti realmente alla passione di Cristo; il punto è avere un parametro diverso nel leggerla, e soltanto quello di Dio può portare ad una Risurrezione dalla morte in ogni sua forma. L’ascolto della parola dello straniero infonde pace ai discepoli tristi: questo pellegrino piace a tal punto che insistono con l’uomo affinchè resti con loro. Lo straniero a quel punto compie l’atto di spezzare il pane ed ecco allora che i loro occhi finalmente vedono e riconoscono Gesù Risorto. Dopo aver ascoltando la Parola ecco il compimento della nostra conversione nel banchetto eucaristico. Prese il pane: Gesù prende un pane che noi offriamo e non perché ne abbia bisogno Lui, ma noi stessi; un pane che è la nostra necessità, condizione, la nostra vita, il nostro bene primario. Recitò la preghiera di benedizione: E’ necessario che su quanto gli offriamo Lui “dica bene”, lo riempia di una Parola che ne cambia il senso interiore. Lo spezzò: Gesù, e solo Lui, può spezzare, dividere, cambiare forma a questo pane per renderlo fruibile. Gesù stesso si è ridotto, spezzato per noi affinchè potessimo usufruire dei suoi doni, della sua Resurrezione. Essere spezzati è lasciare che Dio operi in noi meraviglie, è vincere la morte, esser Risorti con Lui. Lo diede loro: Si perché, dopo averci trasformato, Lui stesso ci dona come regalo all’altro; ci fa missionari, discepoli della sua Parola, testimoni della sua Grazia. Noi diventiamo dono per gli altri. Ecco allora come dopo aver compiuto la cena Gesù scompare, ma i discepoli ormai non hanno più bisogno di Lui perché loro stessi sono risorti ritrovando in sé quell’amore e quella forza tale che la notte stessa ritornano a Gerusalemme più discepoli di prima.Il brano dei discepoli di Emmaus è un passo strutturato in un modo a noi molto familiare: quello della santa messa. Possiamo,infatti, identificare in questi versetti i due parametri fondamentali su cui si fonda la nostra conversione: Liturgia della Parola e Liturgia Eucaristica che sono anche i momenti fondamentali della celebrazione dell’Eucaristia, per l’appunto. Spieghiamocela questa storia! I due discepoli si trovano in cammino per allontanarsi da Gerusalemme: quel luogo che simboleggia la grande “promessa di salvezza” ricevuta quando hanno deciso di seguire il loro Maestro, ma il fatto che loro si stiano allontanando da esso indica la fortissima delusione esplosa dopo la fine inaspettata della storia: Gesù è morto e nel peggiore dei modi. Eh già! Perché noi nelle nostre vite ci facciamo sempre i “film” di come devono andare le cose e siamo profondamente invasi da tristezza devastante quando le cose non corrispondono alle nostre attese e lì, allora, si salvi chi può! Il senso di incompiutezza regna sovrano, come l’insoddisfazione, come le speranze spezzate: proprio come i discepoli, si molla tutto e ci si chiude perché delusi, e questo è per sempre! La tristezza umana è una condizione che attanaglia al punto tale da rendere ciechi ad altre interpretazioni: ”ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”. Però c’è qualcuno che questa storia non la conosce così come ce la raccontiamo; è uno straniero, letteralmente estraneo ai fatti così come il mondo li racconta. Chiede allora spiegazione ai discepoli, vuole conoscere la visione di una realtà che Lui conosce in un altro modo e nell’udirla non compatisce anzi! Dice loro: “Stolti e lenti di cuore”, e questo monito dobbiamo prendercelo anche noi ogni volta che crediamo di sapere tutto, che ci ergiamo a dio di noi stessi. Non si arriva alla vita nuova se non si mette in discussione la propria storia. L’interpretazione, quella vera, dei fatti, la si trova proprio dove Dio la racconta, ovvero nelle Scritture: ecco allora come Gesù rispiega i fatti seconda il disegno di Dio e quello che sembra essere un fine in realtà è solo l’inizio di un Progetto ben più alto, più perfetto e più grande:”Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. Qui non si tratta di aver vissuto una vicenda sbagliata: i discespoli hanno assistiti realmente alla passione di Cristo; il punto è avere un parametro diverso nel leggerla, e soltanto quello di Dio può portare ad una Risurrezione dalla morte in ogni sua forma. L’ascolto della parola dello straniero infonde pace ai discepoli tristi: questo pellegrino piace a tal punto che insistono con l’uomo affinchè resti con loro. Lo straniero a quel punto compie l’atto di spezzare il pane ed ecco allora che i loro occhi finalmente vedono e riconoscono Gesù Risorto. Dopo aver ascoltando la Parola ecco il compimento della nostra conversione nel banchetto eucaristico. Prese il pane: Gesù prende un pane che noi offriamo e non perché ne abbia bisogno Lui, ma noi stessi; un pane che è la nostra necessità, condizione, la nostra vita, il nostro bene primario. Recitò la preghiera di benedizione: E’ necessario che su quanto gli offriamo Lui “dica bene”, lo riempia di una Parola che ne cambia il senso interiore. Lo spezzò: Gesù, e solo Lui, può spezzare, dividere, cambiare forma a questo pane per renderlo fruibile. Gesù stesso si è ridotto, spezzato per noi affinchè potessimo usufruire dei suoi doni, della sua Resurrezione. Essere spezzati è lasciare che Dio operi in noi meraviglie, è vincere la morte, esser Risorti con Lui. Lo diede loro: Si perché, dopo averci trasformato, Lui stesso ci dona come regalo all’altro; ci fa missionari, discepoli della sua Parola, testimoni della sua Grazia. Noi diventiamo dono per gli altri. Ecco allora come dopo aver compiuto la cena Gesù scompare, ma i discepoli ormai non hanno più bisogno di Lui perché loro stessi sono risorti ritrovando in sé quell’amore e quella forza tale che la notte stessa ritornano a Gerusalemme più discepoli di prima.