Scritto da Don Flavio Ferraro Martedì 25 Febbraio 2014
«Nemici non sono solo quelli che ci odiano e ci fanno del male, coloro con cui abbiamo insanabili contrasti; ma anche quanti hanno il torto di pensarla diversamente da noi, militando dall’altra parte, quelli che mostrando di non accorgersi di noi, ci abbandonano alla nostra solitudine. Spetta alla carità creare per loro occasioni di incontro e di apertura, prestarsi a rompere la propria cerchia, reinventare l’ospitalità, sfidare l’indifferenza. Se si vuol cominciare a far venire il Regno, bisogna cambiare il metodo di convivenza e valorizzare l’incontro. L’amicizia non solo va data, ma va ricevuta con altrettanto impegno, e cosi fiorirà la riconoscenza che è l’altra metà del volersi bene. Non basta amare il prossimo insieme a Dio, bisogna lasciarsi amare se non si vuol rinunziare alla risposta che Dio ci offre nel prossimo» (CdA, p. 357).
Nel nome della religione e di Cristo i cristiani si sono divisi, lacerando così il corpo di Cristo. Hanno visto nel fratello un nemico, si sono “scomunicati” a vicenda, chiamandosi eretici, bruciando libri ed effigi... e persino uomini. E’ stato versato sangue, è esploso odio nelle guerre di religione. L’orgoglio, il disprezzo e la mancanza di carità hanno caratterizzato le diatribe teologiche e gli scritti apologetici. I nemici di Dio, della Chiesa, della religione sono stati combattuti con le armi e con l’odio. Sono state lanciate campagne e crociate. Oggi la Chiesa ha superato o si avvia a superare tanti di questi limiti. Non ci sono più eretici, ma fratelli separati; non ci sono più avversari, ma interlocutori; non guardiamo più a ciò che divide, ma prima di tutto a ciò che unisce; non condanniamo in blocco e aprioristicamente le grandi religioni non cristiane, ma vediamo in esse autentici valori umani e precristiani che ci consentono di entrare in dialogo. Ma l’intolleranza e la polemica sono sempre in agguato. Non capita forse che esercitiamo all’interno della stessa nostra Chiesa quell’aggressività e quella polemica eccessiva che prima era rivolta verso l’esterno? Quanti cristiani impegnati, venuto a mancare il bersaglio al di fuori, si sono rivolti a cercare i loro “nemici»” all’interno della Chiesa e li combattono con puntiglio, senza amore e senza perdono!
Per Gesù il vero amore non conosce barriere, è impegno totale senza mezze misure o riserve. Ogni uomo, cioè colui che ci sta accanto, è degno di stima e di aiuto. Questo è quanto Dio esige. Lui è santo e perfetto, così devono essere i suoi figli. A noi compete il prendere l’iniziativa. Essa è segno concreto che si è figli “coscienti” del Padre. Rissosità, indifferenza e una certa tendenza a ripiegarsi su di sé per difendersi accompagna l’uomo. L’altro appare spesso come una minaccia. Oggi la Parola ci chiede di diventare amici in nome della comune figliolanza. Gesù, infatti, in tutto questo cammino ci indica il Padre come esempio. Il nostro criterio deve essere: agire come agisce Dio. Le modalità di quest’azione di Dio sono descritte nel Salmo responsoriale. La strada è unica, quella di Cristo: donarsi fino al dono totale perdonando i nemici. Da dove cominciare? Ci dice Gesù: dai rapporti minimi, dalle relazioni quotidiane, dalle relazioni intrafamiliari tese e conflittuali fino all’aggressività. In queste situazioni il cristiano è chiamato a inserire perdono, comprensione, non violenza, gratuità… speranza. Solo così possiamo collaborare con Dio alla costruzione di un mondo nuovo. Un ex terrorista scriveva: «La spirale della violenza è stata spezzata quando si è innescata la spirale del perdono, dell’amore gratuito». Un altro: «Il perdono che ci è stato dato in anticipo, il sapere di essere amati ha sconvolto i nostri schemi mentali». Il perdono e l’amore provocano rivoluzioni inattese: «Di fronte al perdono, noi ci siamo sentiti davvero sconfitti, nel modo più fermo e irrevocabile. Poi ci siamo tormentati e interrogati a lungo, per ritrovare anche in noi stessi le radici della nostra possibile trasformazione. E se abbiamo cercato di cambiare, ciò è avvenuto anche perché qualcuno ha testimoniato per noi, davanti a noi, della possibilità d’essere diversi». «L’offerta del perdono da parte delle persone offese è stata essenziale: essa scuote la coscienza, perché è un dono gratuito, disinteressato…». Dunque, «la strada dell’amore ci ha vinti e conquistati». È la grande costruzione della “civiltà dell’amore” nella quale oggi siamo chiamati a operare concretamente. I santi, cioè i “perfetti” nell’amore come il Padre, generano altri santi capaci di superare il vicolo cieco dell’odio per imboccare la spaziosa strada dell’amore. La bontà, come disse lo scrittore russo Grossman, è una “follia”. A noi viverla come un “sacrificium laudis”, come segno effettivo della carità di Dio.