La chiesa fu commissionata nel 1624 da Cesare Gallone, figlio del barone Alessandro.
Nota come cappella dei secondogeniti, era luogo di sepoltura dei cadetti, coloro che
venivano esclusi dall'eredità di famiglia a causa del diritto di maggiorasco.
Dubbia è la paternità dell'opera, attribuita da Paone all'architetto Marcello "Protomastro" da Lecce; Calvesi e Manieri-Elia attribuiscono invece tale paternità a Giovanni Maria Tarantino di Nardò.
L'architettura esterna è compatta, irrobustita agli angoli da pilastri con paraste terminanti in capitelli ionici. Al centro si apre una finestra di gusto cinquecentesco, posta in asse con il portale d'ingresso, sul cui architrave è incisa un'epigrafe latina che ricorda la data di costruzione, il committente e la dedicazione. L'edificio termina con un coronamento in stile catalano-durazzesco, che incornicia lo stemma dei Gallone.
L'interno si presenta a navata unica con volta a stella, soluzione architettonica tipica del Salento, impreziosita da elaborate chiavi di volta in pietra leccese e festoni. Tra le opere di maggior rilievo sono da annoverare le seicentesche tele dell'Immacolata e di Sant'Oronzo, del pittore gallipolino Giovanni Andrea Coppola, e la tela raffigurante la Vergine Maria Bambina con Sant'Anna e San Gioacchino. L'altare maggiore, scolpito in pietra leccese con volute e fregi floreali, è dominato dalla statua policroma dell'Arcangelo Michele che atterra il drago, affiancata dalle statue minori di San Carlo Borromeo, San Matteo, San Giuseppe e San Giovanni. Un palco ligneo, decorato con formelle dipinte, sostiene un organo della metà del Seicento. La chiesa è sede della Confraternita dell'Immacolata.