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Chiesa della Natività della Beata Maria Vergine

La Chiesa Madre di Tricase è intitolata alla Natività della Beata Vergine Maria, segno della lunga e profonda devozione dei tricasini alla Madre Celeste.
L' edificio attuale è il risultato di una secolare serie di modifiche, ampliamenti e ricostruzioni della primitiva chiesa matrice, testimonianza della storia di un popolo che, in ogni vicenda ed evento, ha trovato, nella propria fede, il punto di riferimento ultimo dell' esistenza umana.

La prima Chiesa Madre tricasina, dedicata a San Demetrio, cadde erosa dal tempo: ne fu edificata un'altra, anch'essa rovinata dal trascorrere degli anni e dalle incursioni dei Turchi che, nel 1480, la rasero al suolo, insieme a molte case; le successive riedificazioni subirono ancora danneggiamenti, dal Conte di Lecce e dai Veneziani. Circa cento anni dopo, nel 1581, i tricasini completarono la nuova chiesa parrocchiale, dedicata questa volta alla Madonna del Foggiaro, bellissima, spaziosa e ricca di tele.
Nel 1763, a causa del consistente aumento della popolazione, fu deciso di ampliare la vecchia Chiesa del Foggiaro e, per finanziare l'opera, furono tassati alcuni prodotti, come olio, grano e orzo, mentre i tricasini avrebbero contribuito con le proprie giornate lavorative. Dopo anni di lavori e rifacimenti, nel 1784, il reverendo abate Giuseppe Licchelli, vicario capitolare di Alessano, dedicò la Chiesa alla Natività di Maria Vergine, consacrandola solennemente.
L'attuale chiesa, vista dall'esterno, conserva nei particolari i caratteri originali dell'architettura del Settecento. Si affaccia su Piazza don Tonino Bello, con un ampio sagrato e una larga scalinata; la facciata è decorata da eleganti volute e ravvivata da statue e pinnacoli. È aperta da un grandioso portale, ha colonne binate ed è sormontata da una finestra lobata, al di sotto della quale vi è la Madonna orante e l'iscrizione con la data MDCCLXX. Si affaccia, ancora, con due bracci laterali, su vico Campane, a sinistra, e su piazza Giuseppe Pisanelli, a destra, dove si erge anche l'incompiuto campanile.

Entrando all'interno colpisce subito la grandezza della chiesa, illuminata da finestroni mistilinei. Alla sinistra della porta principale si trova il cinquecentesco fonte battesimale, in pietra ornata da bassorilievi, con pregiate iscrizioni e raffigurazioni, relative alla storia della salvezza; tra le altre, la creazione, il trasporto dell'arca dell'alleanza, Mosè, l'Annunciazione, il Battesimo di Gesù e la risurrezione di Lazzaro. E' interessante sottolineare che questo fonte battesimale rappresentava quasi una sorta di "Biblia pauperum" (Bibbia dei poveri), come era in uso a quei tempi, quando, tramite tali rappresentazioni, anche chi non era istruito poteva avvicinarsi ai fatti delle Scritture e capire meglio l'importanza dei sacramenti.

L'abside è molto ampia e i cappelloni delle testate della navata trasversale hanno grandi altari, ricchi di stucchi, volute, foglie e festoni. Oltre all'altare maggiore, dedicato alla Natività di Maria, del 1876, esistono altri dodici altari, sei nel transetto e sei nella navata. Nel transetto sinistro è presente una tela attribuita a Paolo Veronese, raffigurante la "Vergine col Bambino e i Santi Matteo e Francesco da Paola", con i committenti Cesare Stefano Alessandro e Domenico Matteo Gallone; nel transetto destro si trova l'altare con la seicentesca tela di Giovanni Domenico Catalano, raffigurante "San Carlo Borromeo". Ai piedi di tale altare, in occasione del cinquantesimo anniversario della morte dell' illustre concittadino Cardinale Giovanni Panico, che ricorreva il 7 luglio 2012, ne sono stati traslati i resti mortali, fino ad allora custoditi nella cripta della Madonna di Pompei, ed ivi collocato un mezzobusto bronzeo. Da menzionare anche le pale della "Deposizione dalla Croce" e dell' "Immacolata Concezione", rispettivamente a sinistra e a destra dell' altare maggiore, entrambe opere di Jacopo Palma il Giovane. Nell' abside si trovano la tela del "Battesimo di San Giovanni", del Fasolo, la tela della "Vergine in gloria tra i Santi", del Fenoglio, e la "Madonna del Foggiaro", giuntaci dalla precedente Matrice del cinquecento; infine, sul grande portone d'ingresso, all'interno, il dipinto dell' "Ultima Cena" di Roberto Buttazzo di Lequile, commissionato in occasione della riapertura della chiesa, dopo i lavori di restauro, nel febbraio del 1995. Nella parte interna si può notare un grande coro, che arricchisce l'abside, l'organo a canne di piombo che si trova in alto nella zona presbiteriale con balaustra pensile, un magnifico pulpito, di legno intarsiato, opera di Raffaele Monteanni di Lequile, in cui è scolpito lo stemma del paese, recante tre case e un albero. Dalla navata trasversale destra si accede ad una cripta sottostante, dedicata alla Madonna di Pompei, che pare sia stata costruita nel XVI secolo dai frati domenicani.

Il primo arciprete di cui si ha notizia è Cesare Micoccio, che fu parroco dal 1562 al 1608; un altro illustre e indimenticato parroco è stato il Servo di Dio don Tonino Bello, alla guida di questa comunità dal gennaio 1979 all'ottobre 1982, quando fu ordinato vescovo, con una solenne celebrazione, in piazza Pisanelli.

Attualmente la parrocchia, affidata alla cura del parroco don Flavio Ferraro, ha un' attiva ed intensa vita pastorale, legata alla ricca tradizione spirituale e aperta sempre più al nuovo. Infatti ai gruppi già esistenti se ne stanno affiancando altri di nuova creazione, uniti dal medesimo intento di rafforzare e diffondere l' unica vera fede, essenzialmente basata sulla preghiera e sulla carità. Il tutto sotto la protezione di San Vito e soprattutto di Maria che, da secoli, accompagna e custodisce l' intera comunità.

CAPPELLE E ALTARI

Cappella della Vergine del Buon Consiglio

L'area centrale dell'altare, costituito da quattro colonne delicatamente decorate, è dominata dalla tela della titolare, del 1836. La Vergine del Buon Consiglio, raffigurata col Bambino in un ovale sorretto da angeli, sul quale si stende un cartiglio con l'iscrizione Ecce Mater Tua, tratta dal Vangelo di s. Giovanni, riceve la luce dallo Spirito Santo in forma di colomba, circondato da cherubini in disposti in forma di semicerchio. L'ignoto artista dipinge il prodigioso trasporto dell'icona mariana da Scutari (Albania) a Gennazzano (nei pressi di Roma), occorso il 25 aprile 1467 a causa dell'invasione dei Turchi, e già profetizzato dalla beata Petruccia, che nel quadro appare inginocchiata. La tela di s. Nicola sul fastigio e quelle laterali, in forma ovale, che raffigurano a destra s. Maria Maddalena e a sinistra s. Filomena, completano il corredo pittorico della cappella. In una nicchia sulla parete della controfacciata, adiacente alla cappella, è esposta la statua lignea della Vergine Immacolata: di fattura napoletana del 1726, fu donata dalla principessa di Tricase. Da notare l'artistico basamento processionale, scolpito in legno e avente, al centro l'antica arme del Comune, con le tre case in sovrapposizione piramidale, essendo stata, la Vergine Immacolata, patrona della città. Oltre la porta, in analoga nicchia, vi è la statua lignea di s. Vito martire , attuale patrono di Tricase: scolpita nel 1793, è stata offerta da Vincenzo Pisanelli, di antica famiglia tricasina, il cui blasone è scolpito sul fronte della lignea base processionale .

Cappella della Madonna del Carmine

L'altare, composto da quattro colonne con capitelli di stile composito, impreziosito da un alto cornicione sul quale insiste il fastigio tra due figure angeliche, è dedicato alla Madonna del Carmine. La tela, risalente alla seconda metà del '700, di autore ignoto, presenta analogie stilistiche e compositive con altre opere aventi lo stesso soggetto e presenti in varie chiese salentine. Da notare il particolare effetto dei cromatismi dei quali l'artista si è servito per raffigurare la Madonna col Bambino, mentre appare limitato nell'economia globale del dipinto, lo spazio destinato alle anime del purgatorio. La tela riporta in basso l'arme della famiglia Montano che aveva il patronato della cappella; il medesimo stemma lo si ritrova al centro della macchina d'altare, sui fusti delle colonne centrali e sulle tele ovali laterali che raffigurano a destra s. Apollonia, e a sinistra s. Lucia, invocate per le malattie dei denti la prima e degli occhi, la seconda. La figura dipinta sul fastigio rappresenta s. Domenica, vergine e martire di Tropea. In seguito al matrimonio tra Maria Domenica Montano e Vincenzo Pisanelli, celebrato nel 1786, il diritto di patronato passò a questa famiglia, il cui stemma è visibile anche sul basamento delle due colonne interne. Nella parete sinistra della cappella vi è il Sepolcro di Felice Chiga, giovane avvocato, poeta e fratello ex-matre del noto patriota e giurista tricasino Giuseppe Pisanelli: il suo busto, in purissimo marmo bianco, è allocato nell'apposita nicchia, unitamente alla lapide commemorativa voluta dalla madre, Angela Mellone.

Cappella del Sacro Cuore di Gesù

Ornata in pietra leccese, la cappella, che si distingue per la sobrietà dello stile e la delicatezza dell'ornato, fu completata intorno al 1790 grazie alla volontà dei coniugi Innocenzo Vincenti e Pietrina Calofilippi: i loro stemmi si trovano alla base dell' altare, rispettivamente a sinistra e a destra. Al centro dell'altare, formato da quattro paraste scanalate con capitelli di stile ionico, la tela del 1939 di stile barocco, raffigurante una delle apparizioni del S. Cuore di Gesù che s. Margherita Maria Alacoque ebbe a partire dal 1673, nella chiesa del monastero di Paray-le Monial, in Francia. Il quadro, che riproduce fedelmente la medesima scena a mosaico presente nella Basilica di s. Pietro, fu donato dai coniugi Luigi Baroni e Tina Minerva in memoria dei loro genitori, auspice la locale associazione dell'Apostolato della Preghiera che continua a curare culto e devozione verso il S. Cuore di Gesù. L'ovale della Madonna del Carmine sul fastigio, e quelli laterali, a sinistra s. Vincenzo de' Paoli firmato dal pittore napoletano Vincenzo Malinconico (1673-1721) e a destra s. Francesco di Paola, coevo ma d'ignoto autore, completano le opere pittoriche della cappella. Sulla sinistra un'epigrafe marmorea, con l'effigie metallica della Madonna di Leuca, ricorda l'evento del Congresso Mariano diocesano che ebbe luogo a Tricase nell'agosto 1954 e attesta la devozione particolare dei Tricasini per la Vergine de Finibus Terrae.

Altare di San Vito Martire

Di forma lievemente concava, composto da quattro colonne a fusto cilindrico e liscio, sormontate da un alto cornicione ricco di decorazioni , è stato edificato nel 1787. La pala, opera firmata di Silvestro Pirelli nel 1786, raffigura il giovane santo coronato di gloria dagli angeli, mentre con la destra mostra la croce e con il braccio sinistro si poggia sulla base di un idolo infranto, i cui resti giacciono sulla parte destra in basso, per simboleggiare la vittoria della fede cristiana sul paganesimo. Completano la scena gli altri attributi di s. Vito martire , la corona i due cani e la palma, mentre sulla sinistra il committente, il sacerdote tricasino Vincenzo Resci, arciprete di Tricase dal 1771 al 1807, guarda il santo in atteggiamento di orazione per la grazia ricevuta, come attesta l'epigrafe in latino così tradotta: Ho protetto e proteggerò sempre dal morso del cane l'arciprete Vincenzo Resci, dottore in diritto civile e canonico. Interessante il panorama raffigurato sulla sinistra della regione centrale, perché il pittore potrebbe essersi ispirato alla Tricase di fine '700. Benchè il culto pubblico di s. Vito a Tricase risalga agli ultimi anni del '700, il decreto della Sacra Congregazione dei Riti, che dichiara il giovane martire ufficialmente patrono della città, è del 13 aprile 1921.

Altare di San Carlo Borromeo

Struttura imponente composta da quattro colonne pseudo-tortili con capitelli, sovrastate da un alto cornicione dal quale si eleva il fastigio, ai cui lati stanno due figure angeliche , e al cui centro spicca l'immagine dello Spirito Santo in forma di colomba, dalla quale parte una decorata raggiera. La mensa, rivestita di preziosi marmi policromi, risale alla fine del '700 e ai suoi lati vi sono i blasoni del principe Giuseppe Gerardo Gallone e della consorte M. Emanuela Pignatelli. Lo stemma della famiglia Gallone, che godeva del diritto di patronato sull'altare, lo si nota in stucco ancora al centro del fastigio e alla base delle colonne interne della grandiosa macchina. La tela, del 1616, è opera del pittore Domenico Catalano, di Gallipoli, proviene dalla precedente chiesa madre e pertanto è stata ingrandita per adattarla alla nuova sede. S. Carlo Borromeo vi è raffigurato orante e genuflesso davanti al Crocifisso, illuminato da una tenue luce che mette in risalto l'espressione assorta del volto, il candore del rocchetto sull'abito cardinalizio, movimentato dalle pieghe della rossa porpora; il gallo e la stella, dipinti nel blasone in basso, al centro, attestano la devozione della famiglia feudataria per il santo arcivescovo milanese. Sotto la pedana riposano le spoglie del Cardinale Giovanni Panico (1895-1962), per 40 anni impegnato in vari continenti nella diplomazia vaticana e grande benefattore di Tricase: sono state qui traslate dalla cripta sottostante nell'agosto 2012, insieme al Busto bronzeo che lo raffigura nel suo naturale sorriso.

Altare della Vergine Immacolata

L'altare privilegiato fu di patronato dell'Università, poi Comune di Tricase, com'è attestato dall'antico stemma civico riportato sulle basi delle due colonne ornamentali; la Vergine Immacolata era stata, prima che lo fosse s. Vito, la protettrice principale di Tricase e le era intitolato anche un Monte per soccorrere le orfane e una confraternita, attiva ancora oggi nella chiesa di s. Michele arcangelo. Il fastigio, riccamente adornato come tutto l'altare, mostra uno scudo con il monogramma mariano che intreccia le lettere A ed M; sulle volute laterali due angeli recano ciascuno un simbolo collegato ad antichissime invocazioni mariane: quello di sinistra una stella (ave, stella del mare), quello di destra una scala ( ave, scala celeste donde scese l'Eterno), scomparsa con l'ultimo restauro. L'altare ospita il dipinto della titolare, eseguito dal rinomato pittore veneziano Jacopo Palma il giovane (1544-1628) su commissione del barone Angelo Gallone: la tela giunse a Tricase, via mare da Venezia, nel dicembre 1612. Proveniente dalla seconda chiesa madre di Tricase (fine del XVI sec.), rappresenta Maria Immacolata, splendente di santità, in leggiadro movimento, la gamba protesa in avanti, le braccia in posizione di abbandono, il volto mirante in alto, dove campeggia la figura dell'Eterno Padre . Straordinario il numero dei modelli pittorici scelti dall'autore per gli attributi mariani, tutti presi dalla S. Scrittura, dalle litanie lauretane e dall' Akathistos, antico canto orientale in onore della Madonna. Oltre allo spicchio di luna e al serpente sotto i piedi della Madonna, comuni a tutti i dipinti dell'Immacolata, si possono notare altri quattordici simboli: Specchio, Vaso-Coppa, Torre, Giardino recintato, Alberi con roseto, Tabernacolo, Città turrita sul monte, Aurora-sole nascente, Scala, Tempio, Alberi bis (palma e cipresso), Giglio, Porta, Fontana zampillante. La firma dell'autore è sulla base della fontana, in primo piano a destra e in basso: Jacobus Palma F.[ecit].

Presbiterio e altare MAggiore

Illuminato da cinque finestroni a lira, l'ampio presbiterio, preceduto dal magnifico alto arco trionfale sormontato dallo scudo dell'Università sostenuto da due angeli, conferisce al tempio uno straordinario senso di grandiosità e invita i fedeli all'elevazione verso Dio: Petite et accipietis-Querite et invenietis (Chiedete e riceverete-Cercate e troverete; Gv 16,24 ; Mt 7,7; Lc 11,9), recita l'iscrizione sul cartiglio che decora la chiave dell'arco absidale. La balaustra barocca in pietra leccese è stata scolpita nel 1784 dallo scultore alessanese Emanuele Orfano, autore anche cancelletto ligneo; il coro absidale è opera dell'ebanista tricasino Pasquale Marra (1792). Sulle pareti, in due profonde alcove, a sinistra troviamo l'Organo (1856) con balaustra pensile dalla forma barocca, sul quale campeggia alquanto variata l'arme di Tricase; di fronte si può ammirare la grande tela dell'Assunta, opera quasi certa di Paolo Finoglio (1590-1645). Le pareti absidali sono arricchite di tre tele allogate in nicchie decorate: al centro, la Natività di Maria, titolare della parrocchia e opera di Angelo Urbano Del Fabbretto del 1949, donata dai Tricasini all'arciprete Tommaso Stefanachi per i 50 anni di sacerdozio nel 1949, come attesta la sottostante epigrafe in lingua latina ; a sinistra la tela di s. Giovanni Battista, di scuola veneziana, e a destra quella settecentesca della Vergine Immacolata sulla Marina Serra di Tricase. Il quadro centrale più piccolo raffigura s. Maria del Foggiaro, ( sec. XVI), titolare della matrice precedente. L'altare maggiore in preziosi marmi policromi, dallo stile vagamente neo-classico , del 1875, è opera di un marmista napoletano. La mensa rivolta al popolo, la sede del presidente e degli altri celebranti, l'ambone per la proclamazione della S. Scrittura , tutti arredi in legno pregiato e pietra leccese, sono stati eseguiti da maestranze locali durante il parrocato del Servo di Dio Don Tonino Bello (1979-1982).

Altare della Pietà

Impostato scenicamente con la medesima grandiosità degli altri, l'altare si sviluppa a partire da due basamenti a spigolo frontale, sui quali poggiano due eleganti colonne a fusto liscio e capitello corinzio; dall'alto cornicione, che presenta una delicata frangia ornamentale, s'innalza il fastigio al cui centro vi è un pallio sotto il quale un serafino sostiene con la testa un ostensorio ; ai lati, sue due volute a spirale, due angeli indicano l'ostensorio: tutti segni che, unitamente all'elegante ciborio, indicano come in origine l'altare fosse la sede per la conservazione delle Specie Eucaristiche. La pala, che rappresenta la Pietà, ovvero la Deposizione dalla Croce di Gesù morto, è opera dipinta nel 1615 dal veneziano Jacopo Palma il giovane (1544-1628). Commissionata a Venezia dal barone di Tricase Angelo Gallone (1572-1616), proviene dalla precedente chiesa madre. La drammaticità della scena, dominata dalla figura esanime del Cristo di ispirazione michelangiolesca, è resa dai volti e dalle posizioni della Madonna e degli altri personaggi presenti , illuminati dal tramonto sul cui cielo, nello sfondo, si stagliano le tre croci del monte Calvario. Una tela di Jacopo Palma il giovane con lo stesso soggetto e un'analoga impostazione pittorica, è esposta a Wurzburg (Germania), nel palazzo -museo del principe-vescovo; somiglianze nei personaggi sono ravvisabili anche nella Deposizione del palazzo arcivescovile di Lubiana (Slovenia).

Altare della Vergine di Costantinopoli

Analogo nell'impostazione all'altare di fronte, dedicato a San Carlo Borromeo, mostra la tela più rinomata della Chiesa Madre di Tricase. Commissionata dai fratelli Gallone, Stefano e Alessandro che vi sono raffigurati oranti a mezzo busto, la tela, che raffigura la Vergine col Bambino e i santi Matteo e Francesco di Paola, adattata per la sede attuale come si nota dal sovrapposto riquadro, fu eseguita probabilmente nel 1581 da Paolo Veronese (1528-1588) e sembra avere varie analogie con la Vergine in gloria con santi dell'Episcopio di Monopoli. Da notare che l'opera fu dipinta quando i Gallone non erano ancora feudatari di Tricase (Alessandro lo sarà nel 1588)e pertanto lo scudo araldico della famiglia, a differenza di quello sulla tela di S. Carlo, è privo della corona baronale. Il diritto di patronato della famiglia feudataria Gallone su quest'altare e su quello di fronte, fu contestato dall'Università di Tricase e alcuni cittadini tolsero i quadri, già fissati, di proprietà del principe e demolirono la fabbrica dei due altari in corso d'opera. Ne nacque una controversia durissima che comportò anche l'arresto di alcuni tricasini; una causa presso il Sacro Regio Consiglio di Napoli definì la questione nel 1794, dando ragione ai diritti del principe che potette completare i due altari.

Altare del Crocefisso

Di patronato dell'Università di Tricase, com'è attestato dallo scudo araldico dell'antica Terra, l'altare non si discosta dallo schema architettonico degli altri: a quattro colonne a fusto liscio, l'elegante cornicione, il fastigio tra due angeli sedenti sulle volute ornamentali ai lati e rivolti verso il fastigio nel quale è incastonata una tela, di autore ignoto, che raffigura La presentazione di Maria al Tempio con S. Vincenzo Ferrer. Espliciti gli attributi del grande santo domenicano: le ali e l'indice destro alzato. Il committente G. Legari, il cui nome è scritto sul cartiglio alla base del dipinto, è esponente di un'antica famiglia tricasina. Il Crocifisso ligneo, che domina tutto l'altare, opera attribuita al rinomato artista di Gallipoli, Vespasiano Genuino(1552-dopo il maggio 1637), che tante testimonianze ha lasciato della sua arte, risponde a quel "realismo a forti tinte" che lo scultore salentino fece valere in tutte le sue opere. Al 1927 risalgono le statue in cartapesta della Vergine Addolorata e di S. Giovanni Evangelista a completamento della scena evangelica, la cui drammaticità ha ispirato nei secoli e continua ad ispirare poeti, pittori, scultori e musicisti di tutto il mondo.

Cappella delle Anime Sante

Preceduta dallo splendido Pulpito in noce intarsiato, scolpito nel 1795 da Raffaele Monteanni (1754-1835) di Lequile, la cappella fu di patronato della Confraternita dei Morti che commissionò allo scultore Vito Tedeschi l'altare, poi completato negli anni 1797-1798: caratteristici i teschi e le tibie incrociate, simboli della morte che rimandano ai Quattro Novissimi: morte, giudizio, inferno e paradiso. La pala d'altare con La Vergine e le anime del Purgatorio raffigura la Madonna che - implorata da un orante in saio benedettino - con la sinistra regge il Bambino e con la destra scopre il seno purissimo perché col suo latte vengano liberate le anime del purgatorio sulla sinistra. La tela, di autore sconosciuto, risale al Seicento e fu acquistata nel 1796 per interessamento del procuratore della Confraternita, don Pasquale Piri, dalle monache Benedettine del monastero di Ugento. Nel fastigio, la tela ovale di S. Oronzo benedicente , è stata dipinta da Silvestro Pirelli verso la fine del '700. Sulle pareti della cappella, nelle sedi finemente ornate, si trovano le tele settecentesche Il trionfo del Sacro Cuore di Gesù (a destra) e Tobiolo con l'arcangelo Raffaele sulle rive del Tigri ( a sinistra).

Cappella di San Giuseppe

La macchina d'altare, scolpita interamente pietra leccese col consueto schema, si distingue per la sobrietà delle decorazioni. Lavorata nel 1833, su commissione e a spese del devoto di Tricase Domenico Leone, è formata da quattro colonne scanalate con capitelli corinzi che sostengono l'elegante trabeazione sulla quale insiste il fastigio. Ai lati si trovano i simulacri in pietra di due santi vescovi molto somiglianti alle statue lignee di s. Ippazio e s. Donato che si venerano nei vicini centri di Tiggiano e Montesano Salentino. La tela ovale, di autore ignoto della fine del '700 e incastonata nel fastigio, raffigura S. Sebastiano, martire cristiano dei primi secoli. La pala d'altare, di cui non si conosce l'autore, rappresenta S. Giuseppe che abbraccia il Bambino mentre una corte angelica riempie tutte le regioni del dipinto. Da notare i due attributi del santo: il giglio, sostenuto da un angelo, e la verga fiorita, tratta dalla tradizione di un vangelo apocrifo del II sec, poggiata sul basamento di due colonne ai cui piedi, in una cesta, sono composti gli attrezzi di lavoro del carpentiere, padre putativo di Gesù Cristo. Sugli ovali laterali vi sono: a sinistra la tela dei ss. Medici Cosma e Damiano mentre curano un infermo e a destra s. Antonio di Padova col Bambino. Da notare, sul tabernacolo, un simbolo eucaristico di particolare significato: il pellicano che si squarcia il petto per dar da mangiare ai suoi piccoli.

Cappella di San Pietro

Strutturato con quattro colonne a fusto liscio sormontate da un alto cornicione, sede del fastigio e di quattro figure angeliche, due per lato, l'altare è dedicato alla Cattedra di S. Pietro. Il dipinto ottocentesco, d'ignoto pittore dell'Ottocento, raffigura il primo papa, in trono, mirante lo Spirito Santo in forma di colomba e attorniato da quattro figure di santi dottori della Chiesa. In primo piano due dottori della Chiesa: a sinistra, s. Girolamo - rivestito dalla porpora cardinalizia - che regge un foglio scritto con caratteri greci; a destra s. Tommaso d'Aquino, in saio domenicano, con i suoi attributi: la penna, il libro e il medaglione raggiato. S. Pietro mostra i propri simboli: le chiavi ( di origine evangelica), il triregno e la tripla croce che impugna con la sinistra. In secondo piano due vescovi, in mitria e piviale, potrebbero essere due altri dottori della Chiesa. Sul fastigio la tela di un santo Domenicano dall'incerto riconoscimento (s. Domenico o s. Vincenzo Ferrer) e ai lati quelle ovali di s. Teresa d'Avila in saio carmelitano, a sinistra, e s. Caterina da Siena, in saio domenicano, mentre riceve il s. Rosario dal Bambino, a destra. Tra l'altare e la porta maggiore vi è il Fonte battesimale in durissima pietra locale. Proveniente dalla prima chiesa madre, demolita alla fine del '500, è opera autografa di Domenico Musca di Tricase. Scolpito nel 1547, rappresenta scene bibliche dell'antico e del nuovo Testamento e, lungo il bordo del catino, reca inciso in latino il passo evangelico (Gv 3, 5): "Chi non rinascerà dall'acqua e dallo Spirito Santo non potrà entrare nel Regno dei Cieli". Il grande quadro della Ultima Cena sulla controfacciata, dipinto da Roberto Buttazzo nel 1993, è stato donato dall'Apostolato della Preghiera durante il parrocato di don Antonio Ingletto.

La Cripta della Madonna di Pompei

Le volte dell'ambiente, che corrisponde alla sovrastante area presbiterale, poggiano su colonne monolitiche in pietra leccese; la parte sotterranea più vasta della chiesa fino al secolo XIX era adibita alla sepoltura; le spoglie dei sepolti sono state rimosse con i lavori dell'attuale pavimentazione eseguiti nel 1960.L'altare in prezioso marmo policromo è dedicato alla Madonna di Pompei, la cui effigie molto popolare è copia di quella che si venera nella celebre basilica-santuario in Campania. Ai lati dell'altare vi è l'arme della principessa Antonietta Melodia (1829-1924), dei baroni di Altamura e sposa, nel 1847, di Giuseppe Gallone (1819-1898) principe di Tricase. Di fronte all'altare vi è il Monumento sepolcrale del cardinale Giovanni Panico del 1963, opera in marmo dell'artista locale Antonio De Donno, autore anche dei medaglioni che nel transetto raffigurano i Quattro Evangelisti, dipinti durante il parrocato di mons. Giuseppe Zocco (1957-1978). Dal luglio 2012, in occasione del 50° della morte del Cardinale, le spoglie riposano sotto l'altare di s. Carlo Borromeo.

L'arte e le Chiese